Intervista a Gennadij Kiselëv, traduttore dall’italiano al russo
Autore: Daniela Rizzi, Università Ca’ Foscari di Venezia

Uno dei primi autori italiani che lei ha tradotto è stato Buzzati (nel 1984 è stata pubblicata la traduzione del racconto La grande pulizia). Ma anche dopo molti anni l’interesse per questo autore italiano non diminuisce, e Lei continua a tradurlo. Come spiega questa devozione?
Mi fa piacere ricordare quella lontana pubblicazione di un racconto di Dino Buzzati sui «Tetradi perevodčika» (Quaderni del traduttore), rivista un tempo famosa, vera “vetrina” – come si direbbe in Italia – della teoria e della pratica della traduzione della seconda metà del Novecento. Quel breve racconto serviva da esemplificazione per un articolo dedicato alla poetica di Buzzati e alla sua conformità ai canoni di genere della parabola. A quell’epoca mi ero laureato all’Istituto di lingue straniere, il realismo magico di Buzzati non poteva non impressionarmi. Tuttavia il magnetismo della prosa buzzatiana sta soprattutto nella forza di una lingua in apparenza piatta, ma che nel profondo è di un’implacabile enigmaticità. Sugli enigmi di Buzzati ci si può lambiccare tutta la vita, di questo ha scritto a suo tempo J.L. Borges. Ed è il motivo per cui si continua a tornare sulle opere migliori di questo classico italiano della prosa allegorica, dalla raccolta Sessanta racconti alla Famosa invasione degli orsi in Sicilia, un’incantevole allegoria per bambini e adulti, in cui Buzzati ha coniugato le sue capacità di scrittore con il talento per l’arte figurativa. Queste due doti l’hanno reso autore di più di un libro in cui testo e immagine sono tutt’uno. Spero che questi libri possano ancora arrivare al lettore russo.
Lei ha tradotto in russo diversi autori contemporanei, tra cui Italo Calvino, Umberto Eco, Tiziano Scarpa, Emanuele Trevi. In mezzo ai contemporanei sono presenti anche due figure della drammaturgia “classica”, Goldoni e Gozzi. Quale ruolo hanno nella sua attività di traduttore?
Non tutti i testi si prestano a passare attraverso il prisma della traduzione, con le trasformazioni che questo comporta. Gli autori elencati racchiudono nella lingua e nell’universo figurativo delle loro opere una magia tale che può dar luogo in un’altra lingua, nella fattispecie quella russa, a sfumature sorprendenti di forma e senso. L’enorme potenziale dell’idioma russo consente di ricreare il mosaico ornamentale del romanzo di Calvino Se una notte d’inverno un viaggiatore o il ritmo ammaliante del Racconto d’autunno di Landolfi, traboccante di diamanti verbali, vero e proprio camino kimberlitico del magma linguistico; ma anche la parlata popolare veneziana inframmezzata dall’eloquio forbito degli aristocratici, che caratterizza le commedie di Goldoni e Gozzi. Lo scrittore, così come il traduttore, dispone di un unico materiale, la parola. Per dirla con Vasilij Trediakovskij [poeta e traduttore russo del Settecento], “se l’autore è astruso, ancor più dev’esserlo il traduttore”.
Cosa consiglierebbe ai giovani traduttori: cominciare con la traduzione di opere di autori “classici” o di autori contemporanei?
Il corpus classico della letteratura offre infinite possibilità creative (prova ne sia che si continuano a cercare nuovi approcci alla traduzione della Divina commedia). Non credo si possa dire la stessa cosa degli autori contemporanei, che non sono ancora passati al vaglio del tempo. Da qui una conclusione evidente: non bisogna moltiplicare con la traduzione la vuotezza di libri che sarebbe stato meglio non pubblicare, anzi, non scrivere affatto.
In che misura la scelta dei libri italiani da tradurre in russo è condizionata dalle “mode” dell’editoria italiana?
I traduttori seguono le “mode” – vale a dire i diktat degli editori, italiani e non – in misura della propria mancanza di idee o della propria sprovvedutezza. Accettando di tradurre l’ennesimo libro scadente spacciato per grande novità letteraria (i cui autori sono perlopiù scrittori che hanno esaurito le proprie potenzialità, oppure celebrità del mondo del cinema, della politica, del calcio, o ancora mediocri divulgatori di qualsiasi cosa) non fanno che rendersi partecipi di uno schema commerciale. In questo sono poco diversi da un pacco postale che non sa nemmeno qual è il suo contenuto.
Quale autore italiano vorrebbe ancora tradurre?
Ogni traduttore che si rispetti “tiene in serbo” qualche libro in attesa di tempi migliori. Io ne ho una decina, che comprende prose brevi e opere di ampio respiro, del genere di Horcynus Orca di Stefano D’Arrigo. Tornerei volentieri con gioia ad autori viventi che ho tradotto in passato. Li credo capaci di nuove illuminanti prove. Del resto, l’esperienza ci dice di fare assegnamento soprattutto sui libri non ancora scritti.
